venerdì 30 maggio 2008

CANCELLERIA

Sta andando musica anni '60 e '70. Mi è purtuttavia molto "vicina", soprattutto al cuore. Non mi basta un solo pezzo: devo farmene una scorpacciata perché si ridesti lo spirito tòrpido che è in me. Ogni scala, ogni ritmo, ogni nota mi galvanizzano e vanno a bersagliare le mie membra, principalmente le braccia. È un pezzo che non scrivo un "pezzetto" (!) Ve ne accorgerete più avanti, dalla successione delle date dei vari "pezzetti".La cancelleria mi ha sempre emozionato.
PRIMA: quaderni con le tabelline aritmetiche (erano postulati, capii più tardi), pennini, gomme, inchiostro. Nei primissimi anni delle elementari lo forniva la Scuola: veniva la maestra a riempirci i calamai incorporati nel banco.Quell'inchiostro non era di buona qualità perché sbavava sempre e bisognava pulire continuamente il pennino con uno straccetto. All'occorrenza c'era el traverson nero. I quaderni solo più avanti diventarono doppi-tripli. In origine erano di un numero contenuto di pagine. Le copertine erano però meravigliose! Ricordo ancora con amore la serie "Le Regioni d'Italia" con le illustrazioni di una città e la cartina dei capoluoghi di provincia. Allegata c'era la carta sugante. La gomma: che impresa e che disastro cancellare l'inchiostro. Alle prime, a casa, usavamo la mollica di pane con scarsi risultati. Di pennini c'è n'era una grande varietà: a 3 buchi, a campanile, ad un buco. Quando si spuntavano, si finiva con lo scrivere doppio. Mi pare che costassero 1 franco l'uno, o forse 5 (?).UN PO' PIÙ TARDI comparve la penna stilografica a stantuffo e perciò si dovette provvedere in proprio all'acquisto dell'inchiostro: boccette Pelikan (nero o blu). Caricarla doveva essere semplice. Non per tutti. L'emozione ci faceva battere con il pennino della stilo sul fondo della boccetta perché le mani tremavano (per l'emozione appunto).PIÙ A VANTI ANCORA fecero la loro comparsa le più comode penne biro (gli adulti importanti continuarono però con le stilografiche a pompetta, come forse faranno anche oggi). L'astuccio era necessariamente di legno. Talvolta il coperchio era rotante lateralmente, col rischio di pizzicarti le dita o una mano. I colori ci sono sempre stati, ma in confezioni e varietà assai ridotte: da 6 e non da 24-36 com'è oggi. Mi ricordo i Presbitero ed i Giotto (scatoletta di colore giallo). Il temperino a scuola ce l'avevano pochi. Perché?Mi piaceva quando mia mamma mi accompagnava in Piazza dei Signori. C'erano due belle cartolerie ("Lario" e "Palla") vicine tra loro. Preferivamo la cartoleria "Lario": stretta e lunga, con il tavolato scricchiolante e le due finestrelle su un buio cortiletto. Non potevano che dare scarsissima luce. Più andavi in fondo e più buio era. Vi vendevano, all'occorrenza, anche le statuine del presepio. Guardavo quasi sbalordito questi articoli, perché mi richiamavano: studio, ordine, pulizia, cultura. Ne ho sempre subito il fascino.Oggi lo subisco per la carta (come quella su cui sto scrivendo, presa da un'umile risma) e sulle sue "applicazioni": registri, notes, cartelle, cartelline, ecc.I libri meritano un discorso a parte!
Da tempo sto pensando se ci sia differenza di risultato tra
SCRIVERE A MANO o SCRIVERE DIRETTAMENTEAL COMPUTER !
11.1.98

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