venerdì 20 giugno 2008

SAN PIERO E PAOLO (29 Giugno)

Recupero sempre dal "serbatoio" di 10 anni fa ("Pezzetti"), in attesa di produrre qualcosa di più aggiornato.

Si dice sempre: "San Piero e Paolo", ma in realtà è molto più diffuso il nome di Paolo, per cui si dovrebbe dire: "San Paolo e Piero" (*).

Una volta, ai miei tempi (prima della Legge Craxi che ne soppresse la festività), il giorno di S. Pietro e Paolo era una solennità estiva, sempre calda (tempo più stabile), straordinaria. Intanto c'era sempre il sole, si andava a Messa e si faceva a gara nello scovare i Paoli (i più) e i Pieri (i meno) cui fare gli auguri. Era quasi una gara. Io, poi (Paolo), quasi contavo il numero di auguri che ricevevo. La festa sembrava fatta apposta per gli auguri!
(Oggi, giornata lavorativa, da un verso, tempi meno "espansivi" dall'altro, gli auguri quasi non ce se li fa più. Si lavora e non si bada più al nome degli altri).

Era anche il periodo delle giostre nel Prato della Valle. C'erano tutti gli anni, cominciando da S. Antonio (13 Giugno) fino alla fine del mese. Al mattino, con Paolo Rocco (futuro chimico), Paolo Nalin (futuro medico) e Roberto Vermiglio (futuro edicolante prima, tabaccaio dopo) andavamo sugli autoscontri, perché di mattina i "giri" duravano molto di più (**) rispetto al pomeriggio. Con qualche centinaio di lire si restava sugli autoscontri qualche mezz'oretta, perché il gettone non finiva mai.

Verso le 12,30 pensavamo di ritornare a casa, calcolando il tempo del tragitto, in modo da arrivarci verso l'una, giusto il tempo per prendere parole dalla mamma per l'immancabile ritardo.

Ma la festa era anche annunciata! L'annunciava la comparsa sul mercato dei “Sampiereti", quelle piccole pere che anche oggi si vedono nel mese di giugno. Si compravano sempre (magari una sola volta), quasi un religioso appuntamento. Non erano grandi, tanto che con un morso si arrivava direttamente ai semi ed al torsolo (scataron).

La festa di S. Pietro e Paolo era grande anche perché aveva una grande vigilia. La sera prima, infatti, c'era un bel da fare in casa per cercare una brocca trasparente, un vaso o una caraffa, da mettere all'aperto, dentro i quali si doveva predisporre per la barchetta. Una chiara d'uovo veniva fatta cadere nell'acqua: di notte si sarebbe trasformata nella BARCA DE SAN PIERO.

Alla mattina (seguente) della festa, appena alzati, si andava tutti a verificare ed immancabilmente la si vedeva. Oggi, se lo rifacessimo, non vedremmo più nulla.
Oggi non c'è più la festa, non ci sono più le giostre,
non ci si fa più gli auguri, non si vede più la barchetta:
RIMANGONO SOLO -lontano ricordo -I SAMPIERETI!
Paolo R.

martedì 17 giugno 2008

ZIBALDONE ROMANO


Vi avevo promesso (“La bistecca di Sant’Antonio”) che sarei andato a Roma. Mai titolo così impegnativo ed irriverente (Leopardi). Ma siamo qui.

BUS: relativamente abbastanza affollati. Si sale e si scende indipendentemente dalle singole porte: dove si vuole. Si aspetta, per salire, anche dalla porta centrale normalmente di uscita, anche se le altre due sono libere. ‘Sti romani ! Conoscono solo il percorso della loro linea abituale.

BICI: non se ne vedono proprio in giro. Colpa dei sampietrini (a fessure larghe), dell’intenso traffico o delle non infrequenti salite (7 Colli) ?

MEGLIO consumare una pizza al trancio (3 euro) ed una bibita a prezzo contenuto (chiedere prima), che avventurarsi tra le varie paninoteche, ove - a fronte degli specchietti per le allodole (quaglie) - il prezzo della bibita può raggiungere cifre astronomiche (4 euro). Trovato: “Pizza pazza per pazzi pizza”: vi piace ? Mi ricorda il celebre: “Sono sempre stato semplice soldato, sempre sano, sempre senza soldi” ! Attenzione alle bibite in piazza S. Pietro: meglio le fortunatamente abbondanti fontane e fontanelle.

VIAGGIO IN ITALIA: da oltre 25 anni non andavo a Roma. Mi ha tanto ricordato i viaggi in Italia di Goethe (1700-1800) o di Piovene (1950). Ai miei tempi non si costuma più fare così.

SORPRENDENTE ED EMOZIONANTE la visita alle Grotte Vaticane. C’è anche il tanto vituperato Bonifacio VIII. Che emozione davanti alla statua-sarcofago di Paolo VI, il Papa culturale-incompreso dai più; Giovanni 23 e, soprattutto, davanti alla scritta in caratteri oro: “Sepulcrum Sancti Petri Apostoli”. Che sussulto interiore vedervi costruita sopra una basilica multiplurisecolare. E IL PAVIMENTO di S. Pietro, così percorso e calpestato, eppure ancora così lucido e perfetto !

S. PAOLO, si scopre, risale solo a 150 anni fa (Pio IX)), perfettamente ricostruita dopo il doloroso incendio. Vi rimangono solo 35 tondi per i prossimi Papi. Gli architetti che verranno ne troveranno però la soluzione. Mi è piaciuta più delle altre Basiliche (a parte la grandiosità di S. Pietro), forse perchè intitolata al mio santo protettore.

S. PIETRO IN VINCOLI: il nome è tutta una curiosità, perchè non vi traspaiono direttamente le catene di S. Pietro (“vincoli”). Forse altra espressione più trasparente io non l’avrei proprio potuta trovare. Meravigliosa quella volta ribassata (dopo, viste, le 4 Basiliche con volta a cassettoni dorati) e le stupende 20 colonne doriche scanalate in lunghezza. Superba, poi, ed imponente la barba di Mosé (Michelngelo). Del tutto positivo aver aspettato 2 ore per la riapertura pomeridiana.

DOPO 3 giorni di “giri” forsennati, mi sovviene (ancora una volta nella mia vita) il noto detto: “Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia...tu mi sembri una Badia”. Allora, giovane, non riuscivo a comprenderlo completamente. Ora ne afferro meglio il senso Mi aspetta il caro ed inseparabile computer, i volti delle persone care e soprattutto le cose più semplici (“Rivoglio la mia botte”).

Paolo R.

MONUMENTO A MARCO M.


Di "Marco" proprio non mi ricordavo. Del suo cognome, sì: Minghetti. Vado a memoria: poi controllerò nel Dizionario Enciclopedico. Fu Presidente del Consiglio italiano prima di Depretis. Non mi pare sia stato particolarmente importante, altrimenti ne saprei certamente un po’ di più. Vado ancora a memoria: appartenne alla c.d. Destra Storica, quella che solo gli studiosi di Storia contemporanea conoscono un po’. Io, forse !
Un suo monumento a Roma ? Quid prodest ? Certamente un atto dovuto. Ma chi, tra quanti vi sono passati e vi passeranno a fianco, sapranno incuriosirsi e scopriranno effettivamente chi è stato ?. Ma i monumenti, a chi servono oltre al "celebrato" ? Per me hanno certamente una funzione "regressiva" che si scolorisce man mano che passano i tempi. Al limite (finale) non servono granché, se il passante non ha l’avvedutezza di andare a sfogliare le enciclopedie. Eppoi, anhe se lo fa... non serve a farlo risuscitare.
Giordano Bruno a Campo dei Fiori: sul monumento ho letto "1800", ma può darsi che mi sbagli io di 3 secoli. Pazienza: non è certamente questa materia di Storia contemporanea. Certamente andrò a vedere ancora nello stesso Dizionario Enciclopedico. Che figura farò ? E voi ?
(Sono andato a controllare: il personaggio risale al 1500. Ne sono contento. Il 1800 si riferiva appunto all'erezione del monumento).
Paolo R.

mercoledì 4 giugno 2008

"E PASTE.. E PASTE!"

Le tre sorelle Ferraretto, signorine, probabilmente già nate vecchie, con i capelli a riccioli bianchi, abitavano - me ne ricordo ora bene - in Via Raggio di Sole, di fronte alla Corte, dietro dove ora c'è il Monumento alle Vittime del bombardamento. La loro casa aveva un mini portico longitudinale anteriore. Le imposte erano a persiana, a stecche color marron, stile Case Popolari come tutte le casette che, in fila indiana, a nave, erano nella corrispondente Via Nicolò Orsini.
Che bravo! Me ne è venuto in mente ora, mettendole (le sorelle) più a fuoco.
Andando a zonzo in piazza scoprii, più tardi, il loro negozietto di rammendo e stireria, prima più piccolo, poi un po' più grande, in Via Cesare Battisti, press' a poco sotto la futura sede del MSI. La Ina, la Ita e la Tina in negozio portavano sempre un grembiule bianco ed erano al tavolino o al ferro da stiro. Le osservavo lavorare, da fuori, ma loro non si accorgevano di me. Erano sempre prese dalle loro pezze bianche.

Avevano una particolare simpatia per me, pal baeoton, e mi facevano mille complimenti, sia direttamente che per interposta persona (i genitori). Mi avranno fatto per questo qualche regaluccio, ma chi se ne ricorda più?!
Più volte poi avevano manifestato il desiderio di venire a trovare i picoi (eravamo cinque fratelli) a casa. Dopo tante promesse, dissero che sarebbero venute per la tal sera. Chissà perché, ma tutto mi diceva che avrebbero portato le PASTE.
Le paste allora erano una grande GIOIA. Erano la quintessenza della festa. Non c'era vera festa senza le paste e non c'erano paste fuori dalle feste. Figurarsi la gioia!

Non le avevo mangiate da chissà quanto tempo di sicuro. La visita delle sorelle Ferraretto avrebbe così colmato quella profonda mancanza. Vennero finalmente, le care sorelle, con un bel cartoccio piatto color rosa chiuso a croce. Erano sicuramente PASTE. L'involucro non poteva ingannare. Non ne avevo alcun dubbio.

Saluti, convenevoli, si arriva al dunque; io intanto non sapevo trattenere l'esplosione "e paste, e paste!" Ero pronto a scommetterci la vita. Sciolgono, sfilano, scartano ed ecco dei VOLGARI biscotti "Osvego", quelli che potevo mangiare tutti i giorni. Non aprii più bocca e loro ci rimasero di sasso.
L'incantesimo Ferraretto era stato irrimediabilmente compromesso.

Non ricordo se mangiai quei deludenti biscotti; le Paste certamente NO. Quel che è certo è che per le signorine non fui più "el baeoton" e di venirci a trovare persero definitivamente la voglia.


27/10/97

martedì 3 giugno 2008

DOPO 42 ANNI



Vi voglio stavolta dire di essere stato assolutamente sincero nel precedente flash”: “Rivoglio la mia botte”. E ve ne darò subito dimostrazione. Accenno naturalmente in generale alla ripulsa dai bisogni nel senso di Diogene (cinismo filosofico). Ho semplicemente riportato in quella sede quello che è avvenuto effettivamente. in riferimento all'eventuale noleggio delle videocassette (DVD). Ieri l'altro - con oltre 20 anni di ritardo - ho finalmente ceduto ed ho preso a noleggio “INCOMPRESO” (1966) di Luigi Comencini. Allora, visto in prima, avevo tanto pianto e me ne ero ricordato a lungo. Talvolta, minacciavo di farlo vedere ai miei bambini, ma loro - conoscendone a grandi linee la trama - non volevano proprio saperne di vederlo. Ma, io, in fondo in fondo covavo un desiderio ancestrale di rivederlo ancora almeno 1 volta. Così, ieri l'altro, rompendo gli indugi, l’ho noleggiato per una settimana intera al costo di 2 euro. Me ne ha indotto proprio il tempo prolungato di noleggio, passato inspiegabilmente da 2 a 7 giorni ad un costo pressoché immutato.
Non voglio qui proprio raccontarvelo, dandolo per abbastanza conosciuto a 42 anni dalla sua uscita. La cassetta è comunque ancora meravigliosamente ben conservata. Chissà quanti finora l’avranno noleggiata in tutti questi anni.

Dice Internet che Comencini è stato uno dei più bravi registi a far recitare i bambini. E ci credo proprio, vedendolo..
Il Console, rimasto vedovo con due figli (8-9 e 12-13 anni) sa riversare il suo amore solo sul più piccolo, trascurando l’altro che, invece, dimostrerà - a scapito del suo comportamento di sicura esteriorità - di aver proprio lui bisogno di maggiori attenzioni. Solo l’incidente mortale a quest’ultimo varrà a far scoprire in toto i suoi bisogni di affetto. Il film strappalacrime (egregiamente tratto da un romanzo dell’800) ha certamente fatto piangere generazioni su generazioni. Ed anch’io, oggi, ho voluto veramente piangere. I films, credo, si possono pienamente gustare solo vedendoli 2-3 volte, lasciando parallelamente perdere le recentissime produzioni anche se di maggior successo. La prima volta li si vede praticamente solo "per assaggio", sfuggendoci il più delle volte molti particolari non di poco conto. E' la stessa cosa che avviene per i libri, che bisognerebbe sempre leggere più volte. MA, tornando ad "INCOMPRESO" e guardando a noi, bisogna dire: quante volte non ci accorgiamo che persone che ci sono anche abbastanza vicine hanno gran bisogno del nostro affetto. ...anche se spesso non facciamo quasi niente per accorgercene.

Paolo R.

1.6.2008

lunedì 2 giugno 2008

TRAFFICO

Quando sono venuto ad abitare a Terranegra, i miei figli avevano 9 e 10 anni rispettivamente. Lasciavo una posizione più centrale e, per ragioni di casa, mi spostavo in periferia, ad 1 krn e mezzo dall' abitazione precedente. Mi è dispiaciuto immensamente lasciare un posto ottimamente servito (scuola, amici, calcio, scout, negozi) per uno quasi abbandonato. Se ho accettato di farlo, l'ho fatto perché c'era l'autobus che collegava direttamente i due posti tra loro. Vedo, però, ora che sono stato un pioniere!

Ho percorso il processo inverso a quello dei miei genitori che sono venuti a Padova da fuori. Mi seccava molto dover invertire la direzione, ma i tempi erano già cambiati. Più tardi dovetti rendermene conto: quanti ragazzi del ciottolato se ne andavano tranquillamente (?) fuori (Tencarola, S. Agostino, Rubano, Vigodarzere, ecc.). Si è assistito negli ultimi vent'anni ad un'azione centrifuga, più che altro per problemi di abitazione. Dalla semi periferia alla prima periferia, alla periferia della città, ed ora anche a 10 -15 krn di distanza. In tale maniera la città assume sempre più una funzione storica –commerciale - professionale, assistendo ad un progressivo invecchiamento della sua popolazione, mentre in periferia si assiste ad un massiccio inserimento di popolazione estranea, con grossi problemi in ordine all'amalgamamento con la popolazione locale, leggiamo talvolta.

Io mi sono invece trovato in una posizione intermedia, potendo in breve raggiungere il posto precedente ben servito. Naturale che i figli dovessero ripiegare sulla bicicletta. E qui entriamo nel tema che mi prefiggevo. La bicicletta vuol dire anche pericolo, specie se le strade non sono perfettamente agevoli. Quante volte sono stato in apprensione fino a che i miei figli non erano ritornati a casa!

Ma il mio vero timore si manifestò allorquando in Via Sografi-Via Bon (quasi proprio dove abitavo io) vidi, incollato su un paletto della segnaletica stradale, un grosso mazzo di fiori bianchi con la fotografia di un bambino dell'età apparente dei miei figli. Questi fiori venivano continuamente rinnovati e lo sono anche ora. Rimasi costernato! Ed i miei figli non correvano forse un rischio simile? Tutta colpa della casa. Non si rendono conto, pensai, quanta fortuna hanno avuto quei (pochi) che possono continuare ad abitare dove sono nati. Non incontrano simili rischi. Più avanti, dovetti scoprire molti altri mazzi di fiori alla memoria. Erano sempre per bambini vittime di incidenti stradali.

Più tardi, dovetti quasi giornalmente, scorrere sul "Gazzettino" la cronaca dei Comuni della periferia. Ogni tanto qualche bambino "cadeva" ed il giornale, puntuale, lo riportava. Seguiva, immancabile, qualche giorno dopo, la cronaca del funerale. Era sempre un colpo al cuore.

Ora, grazie a Dio, gli anni "pericolosi" sono passati e mio figlio, Mattia, guida molto bene la macchina, anche meglio di me (ci vuole poco).
Tutti i "pericoli", però, non sono passati. Sono contento che i miei figli si dimostrino però sufficientemente responsabili.
Dedico questo "pezzetto" a Mattia

1/11/97