sabato 14 febbraio 2009

DUE MODI OPPOSTI DA FARE CALCIO


Una mattina di qualche domenica fa, vicino al mio bar mattutino era parcheggiato un pulmino verde chiaro con i doppi finestrini laterali, posteriori, oblunghi. Mi ha molto meravigliato che un pulmino del “Padova Calcio” fosse lì, in bella mostra, a quella prima ora del mattino. Stavolta non ho la foto, ma vi giuro che sulla sua fiancata era ben stampigliata, da ambo i lati, la scritta “Insieme per vincere”. Mi ha fatto molto pensare, in quanto subito dopo, nel vicino Patronato della parrocchia era invece ben affisso (da tempo: l'avevo già notato) il manifesto altrettanto calcistico: “Io rispetto il mio avversario. Aderisci anche tu!”.

Due modi diversi anzi opposti, di concepire il calcio. Il primo decisamente più agonistico, ma purtroppo incatenato alla logica del professionismo, delle Società nazionali, dei soldi, dei superpremi milionari (miliardari) e della deteriore rubrica domenicale televisiva della bella Ventura, peraltro, ma non affatto simpatica.

Il secondo, calcio dei centri parrocchiali, poveri, ma ricchi di partecipazione e di condivisione. Anche mio figlio vi ha militato (“Lellianum”) circa 20 anni fa ed è stata veramente un’amicizia di quartiere, di condivisione, di partecipazione e di sistematici momenti di festa delle famiglie degli “atleti”. Si celebrava tra l'altro ogni anno, con una buona cenetta, il “Natale dello sportivo” con S. Messa pomeridiana cui seguiva la cenetta, appunto, piuttosto spartana in Patronato. Alla fine c’era sempre e poi sempre l’immancabile distribuzione di sacchettini di fagioli secchi da parte del caro Presidente Sergio R (operatore nel settore delle sementi). Sua moglie ci teneva proprio a preparare, anno dopo anno, il pentolone di pasta e fagioli (sempre fagioli tutti gli anni) ed era abbastanza quello che finiva sulle tavole o per terra.Ma la gioia era assicurata. Vi partecipavano anche alcuni genitori, i più volonterosi che si erano messi a servizio. Essendo il “Lellianum” squadra di parrocchia, ne segue che gli stessi giovani atleti si trovavano nella stessa vicinissima scuola e nelle stesse classi (per le elementari e medie). Ma anche, venuto il salto alle superiori, quasi tutti si iscrissero al vicino Liceo Scientifico “Cornaro”, sempre per restare insieme. Dico, per quelgi anni lì, che la squadra dei giovanissimi (?) era andata “in trasferta” al “Cornaro”. Così, per continuare a restare ancora più insieme e coltivare ancora meglio l’amicizia. E funzionò egregiamente ! Sul piano dell'amicizia, della crescita e delle futura maturità.

Nell’ambito del “Lellianum”, guidato da ottimi dirigenti per i quali il risultato agonistico non era sempre tutto, non ho mai sentito la consueta espressione, rivolta ai “nostri” nei confronti dell’avversario: “Mettilo a terra!” o “Spaccagli una gamba!”. Mancava allora l’esplicito manifesto, forse perché allora (tempi certamente migliori di quelli attuali) per fortuna non se ne ravvisava la necessità.

Credo che oggi, trascinati dal feroce “agonismo” della serie A e suoi derivati, il calcio minore abbia voluto darsi una espressa, formale, regola morale. Che è poi la stessa dei tempi più sopra richiamati. Evviva il calcio c.d. “minore”. Evviva il calcio parrocchiale. Evviva il calcio dell’amicizia...anche con gli “avversari”.


Paolo R.

14.2.09

venerdì 13 febbraio 2009

PER UN PUNTO....PER UNA VIRGOLA


Sugli “assi” delle carte da gioco trevigiane compaiono (forse da secoli) alcuni motti difficilmente oggi ricostruibili: ”Se ti perdi tuo danno”; “Non val saper a chi ha fortuna contra”; “Non ti fidar di me se il cuor ti manca”; ed infine (asso di coppe) “Per un punto Martin perse la cappa”. Sono certamente motti che si perdono nella notte dei tempi e mai forse ce ne siamo chiesti l’esatta origine, né l’esatto significato, pur continuando abitualmente a giocarvi alle carte. Purtroppo.

Vogliamo qui soffermarci solo sull’ultimo di tali motti: PER UN PUNTO MARTIN PERSE LA CAPPA. Detto anche in semplice italiano, non se ne capirebbe proprio l’esatto significato, proprio perché si sorvola del tutto sulla paroletta “cappa”, qui invero del tutto tuttavia strategica. Ci solleva però l’amicissimo Vocabolario Dardano: = “cappuccio, poi mantello...”. Quindi, era proprio ora di scoprirlo. Fra’ Martino non divenne priore (con la cappa, appunto) per una semplice questione di punto (ortografico) che sconvolse però del tutto l’impostazione del motto da egli assunto a suo programma.
Si racconta appunto che il monaco Martino non divenne priore perché sulla porta del convento, volendo scrivere "Porta patens esto nulli claudatur onesto" ossia " ( = Stia aperta la porta, non si chiuda a nessun uomo onesto"), mise un punto dopo la parola "nulli". L'iscrizione divenne perciò:"La porta non si apra per nessuno, si chiuda per l'uomo onesto”.

Fin qui niente male: il suddetto errore appartiene a lingua passata ed a tempi altrettanto passati. Il popolo oggi (specie dopo le più recenti Riforme della Scuola) non ne sa proprio un bel niente di latinorum (come, allora, Renzo nei Promessi Sposi). Ma il fatto linguistico è oggi ancor più grave quando investe proprio gli stessi preti che di cultura generale (e letteraria) dovrebbero saperne abbastanza. Qui però, visto all’oggi, ci riferiamo invece ad una mancata virgola (,) saltata nel manifesto domenicale di poco più di un mese fa e che abbiamo ripreso fedelmente (fotograficamente: vedi foto in alto), affisso proprio alle porte delle Chiese. Secondo me, come è stato stampato, risulta che “...la pace in terra...” è riservata SOLO agli uomini che Dio ama. E agli ALTRI uomini, quelli che Dio NON ama, cosa è invece riservato? NO, secondo il Vangelo Dio ama TUTTI gli uomini. E perché, allora, non mettere una bella virgola tra “uomini” (,) e “che egli ama”?.
Mi pare proprio di avere ragione, dissentendo anche dall’opinione di persone “assai studiate”. Ma in questa società estremamente tecnolocigizzata, si stanno perdendo, dopo i valori, anche le stesse virgole. Così procedendo, perderemo del tutto la nostra personalità. Evviva l’Accademia della Crusca.


Paolo R.

13.2.2009



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lunedì 9 febbraio 2009

DALLA PURIFICAZIONE della VERGINE MARIA ALLA PRESENTAZIONE AL TEMPIO


Otto giorni fa si è celebrata la festa popolare della Candelora ! Sono ancora in tempo a dirvi qualcosa al riguardo ? Ci ho pensato a lungo ed eccomi deciso.

Candelora vuol semplicemente dire festa delle candele, non festa di Maria, come facilmente si sarebbe orientati a credere. Candelora è quindi semplicemente un aggettivo di quella festa. E’ il nome popolare della festa celebrata il 2 febbraio, dovuta all’annessa processione con le candele introdotta da Papa Sergio I (687-701), sulla tracce dell’antica festa pagana, pure con le candele, dei Lupercali, sempre di febbraio, da sempre legati all’espiazione (Februe).

Questa festa, religiosamente, si può considerare o mariologica (fino al Concilio) o cristologica (dopo di esso), potendosi alternativamente prendere in considerazione la contemporanea Purificazione di Maria o la altrettanto contemporanea Presentazione al Tempio di Gesù. Per la prima parte (Purificazione di Maria) ci si rifà all’antica usanza ebraica: una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva (non prima dei 40 giorni, appunto) andare al Tempio per purificarsi (Levitico 12,2-4). Fino ad allora non poteva avere contatti con il sacro. Anche in Italia fino agli 50 si teneva un analogo distacco delle donne partorienti dal sacro. Erano considerate poco meno che immonde !

Ma al Tempio ci si portava anche il primogenito maschio che, secondo la stessa legge giudaica , apparteneva al Signore (vedi il Sacrificio di Isacco) e che dunque andava riscattato con un sacrificio. Come hanno fatto Maria e Giuseppe, sacrificando - poveri com'erano - due colombelle. Iil bambino, poi, venne accolto e benedetto dal vecchio Simeone come “luce del mondo”. Da qui, appunto, la festa delle candele-luce.

Una visione generale ed illustrativa, veramente ben redatta, viene offerta in forma di moderno dizionarietto, dall’opera in foto: Piero Petrosillo, Il cristianesimo dalla A alla Zeta – Lessico della fede cristiana, Edizioni Paoline, 446 pagine,15 euro. Dà uno spaccato sintetico e generale sui vari termini connessi alla religione e lo consiglio vivamente a tutti. Mi ha svelato subito, ad esempio, in poche righe, l‘antinomia solo apparente tra i due aspetti qui considerati.

Ma come, facilmente sapete, sono ricorso anche ad Internet che tuttavia privilegia l’aspetto storico (Februe-febbraio-espiazione). Mi ha poi un po’ deluso, perché non ancora aggiornato il pur per altro ottimo “Dizionario etimologico della lingua italiana” (Cortellazzo-Zolli), della Zanichelli., rimasto ancorato alla tradizione mariologica (Purificazione di Maria). Peccato che il bravissimo professor Manlio Cortellazzo se ne sia andato, novantenne, pochi giorni fa.

Per completezza, riprendo ancora da Internet: “La Candelora, per la sua collocazione all’inizio del mese di febbraio, quando le giornate cominciano visibilmente ad allungarsi, è stata oggetto di detti e proverbi popolari di carattere meteorologico, quale ad esempio, il detto veneziano:

Quando vien la Candelora
de l’inverno sémo fòra,
ma se piove o tira vento,
ne l’inverno semo drénto”

Buona primavera a tutti.

Paolo R.

9 febbraio 2009

mercoledì 4 febbraio 2009

INCOGNITA VOCABOLARIETTI


Vi confesso subito che questo è stato uno degli spot più sofferti. Perché, pur chiedendo lumi a ritta ed a manca, non ho trovato, tranne una sola importante eccezione, riscontro alcuno. Mi riferisco ai microvocabolari con l’italiano (ucraino, albanese, malese-indonesiano, lituano, cinese, croato, ungherese, sloveno, urdu, filippino, curdo ecc.), di dimensioni piuttosto ridotte – quindi più che altro uitili per il più semplice conversare stradale - che già pullulano nelle principali librerie delle città (vedi foto). Ciò naturalmente avviene a seguito degli enormi spostamenti di popolazioni (globalizzazione) e gli editori vi hanno trovato un appetibile bocconcino. Ma queste “opere”, mi sono subito chiesto, che valore linguistico reale avranno ? Il giudizio è piuttosto dubbio, se consideriamo tre elementi essenziali. Primo: la velocità con cui sono state prodotte. Secondo: la lunga “distanza semantica” di quelle lingue con l’italiano. Terzo: la mancanza di precedenti esperienze storiche in quei filoni.

Ho chiesto lumi a Presidi di Liceo, a Professori di Lettere delle Medie: nessuno si è mai posto il problema e non intende porselo nemmeno oggi. Io proprio... al contrario. Finalmente un esimio linguista universitario (letteratura francese) così risponde: “i redattori di quei vocabolari dovrebbero essere dei linguisti. Ma spesso sono solo dei commercianti”. Potrebbero aver però fatto ricorso a lingue “intermedie”, soprattutto inglese e francese (intensa attività colonialistica) E voglio pure riportare ancora il suo illustre pensiero: “Certamente le lingue delle culture più lontane dalla nostra presentano talvolta maggiori difficoltà. Spesso si tratta di tradurre termini che si riferiscono a ‘cose’ che da noi nemmeno esistono”.

Si potrà capitalizzare, per ottenere oggi un buon prodotto linguistico, solo i passaggi con eventuali lingue “intermedie” (basi linguistiche storiche) tradotte nei periodi (secoli) precedenti, attraverso il francese, l’inglese che hanno sempre avuto ricco “interscambio” con l’italiano.

Diversamente, il giudizio non potrà che essere del tutto negativo.



Paolo R.

4,2,2009 I

sabato 31 gennaio 2009

IL VALORE DI UN "NO !"











Al Museo Nazionale dell’Internamento di Terranegra-Padova sono custodite le memorie dei 700 mila soldati italiani che, dopo l’8 settembre 1943 (Armistizio con gli anglo-americani), preferirono restare fedeli all’Italia, rifiutando di seguire l’ex alleato tedesco. Per questo furono deportati in carri bestiame e poi internati nei campi di concentramento di Germania, Austria e Polonia. Vi restarono in condizioni pietose (igieniche ed alimentari) fino alla liberazione dei campi stessi (aprile-maggio 1945), cioè per quasi due anni. Ne morirono subitissimo circa 60 mila. Avrebbero benissimo potuto rientrare comodamente in Italia con la firma di adesione alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini. Avrebbero facilmente reincontrato casa e famiglia ed avrebbero grandemente migliorato la loro condizione. Bastava una semplice firma su un modulo di adesione. Ma dissero “NO!” e scelsero di restare lì nelle pietose condizioni sopra descritte. Quando poi, dopo 2 anni, tornarono – profondamente debilitati nel morale e nel fisico - furono da tutti perfettamente ignorati e trascurati. La Patria non si ricordò più del valore del loro sacrificio. Solo in questi ultimi anni si sta facendo qualcosina per recuperare la memoria di quei “NO” a Mussolini. Concedendo una semplice “medaglia d’onore” ai pochi superstiti che hanno avuto l’ardire di presentarne domanda. Ad oggi ne sopravvivono circa solo il 10 per cento.Il Museo di Terranegra-Padova raccoglie foto, documenti ed oggetti provenienti da quei lager, tra cui la famosissima radio ricevente “Caterina”, usata nel campo di Sambostel per captare, segretamente, le trasmissioni radio degli alleati (anglo-americani) che stavano avanzando, miracolosamente costruita e conservata con mille attenzioni tra gli ufficiali ivi prigionieri. La radio ha costituito oggetto di attento studio da parte degli storici della radio e dei radioamatori odierni. Le scolaresche che affluiscono al suddetto Museo possono fruire dell’illustrazione dal vivo di un testimone di allora (ex internato nei campi), oltre ad assistere alla proiezione di un breve filmato sull’argomento storico e naturalmente sostare sui cimeli più importanti ivi conservati. Il Museo dispone infatti di una attrezzatissima biblio-nastroteca sempre sull’argomento seconda guerra mondiale.La visita al Museo si completa con la visita all’attiguo Tempio (foto a sinistra), ove sono conservate le spoglie di alcuni ex internati e dove si celebra il Trionfo dell’Amore sulla morte. Le visite (che possono essere prenotate allo 049- 8033 041, richiedono due ore e servono soprattutto a colmare egregiamente una parte oscura della recente storia del Paese, per lo più tralasciata dai libri di testo ufficiali.La visita si completa con il prospicente Giardino dei Giusti del Mondo (foto a destra) di recentissima costruzione che, per analogia, onora quanti si sono prodigati, anche a pena della vita, nei decenni più addietro del secolo scorso per il salvataggio di popolazioni in pericolo di genocidio (armeni, bosniaci, ebrei, ruandesi). Museo, Tempio e Giardino dei Giusti del Mondo vanno a costituire la “Cittadella della Memoria” recentemente voluta e realizzata dal Comune di Padova.









giovedì 29 gennaio 2009

MUSEO DEL DEPORTATO DI CARPI (Modena)




Mantengo la parola data ieri e vengo alla seconda parte della descrizione del nostro pellegrinaggio, ovvero alla presentazione del locale (Carpi) Museo del Deportato.
Innanzitutto una preliminare chiarificazione terminologica. Si parla, assai con poca cognizione, quasi indifferentemente di DEPORTATO e di INTERNATO. Non è facile neanche per me farvi chiarezza. Ricorro ancora una volta ai miei amici vocabolari sempre utili.

DEPORTARE: - secondo l’ottimo Dardano = trasferire qualcuno in luogo LONTANO dalla sua residenza per fargli scontare una PENA. Anche per l’altrettanto ottimo De Mauro è insito il concetto di LONTANANZA dal luogo di origine (penitenziario o campo di prigionia).

INTERNARE: - per il Dardano: relegare in campi di concentramento (Quasi uno stato di fatto). Stavolta preferisco il De Mauro: relegare in sedi coatte, campi di concentramento e simili, specie per MOTIVI POLITICI..

In definitiva, preferiamo parlare di DEPORTATI per gli ebrei, gli oppositori politici, i partigiani, i rastrellati, gli zingari, gli omosessuali, gli handicappati, i testimoni di Geova e tutti quanti non erano graditi al nazi-fascismo.
Altrettanto preferiamo parlare di INTERNATI per i soldati (specie italiani) catturati ed ai quali si è rifiutato, da parte dei nazisti, di riconoscere lo status di “prigionieri di guerra” che avrebbe comportato invece la concessione di un minimum di diritti umanitari (Convenzione di Ginevra) per un bieco accordo - per umiliarli ancor più - tra Mussolini ed Hitler, quale castigo al “tradimento” dell’8 settembre (1943).

La differenza, nel corrente uso dei termini, quindi tra DEPORTATI nei campi nazisti (Museo di Carpi-Modena) ed INTERNATI, sempre nei campi nazisti (Museo di Terranegra-Padova), non è sempre chiaramente scontata. Nel primo caso si tratta di 40 mila civili italiani; nel secondo di 650-700 mila militari sempre italiani.

Del Museo dell’Internamento della vicinissima Terranegra dirò una prossima volta. Ora mi limito -come promesso – al Museo del DEPORTATO di Carpi, di cui al recentissimo viaggio come più sopra detto. Le due istituzioni di cui in parola sono pertanto strettissimamente complementari tra loro, a ricordo della totalità degli “OSPITI” dei lager tedeschi.

Inaugurato nel 1973, il Museo Monumento al DEPORTATO di Carpi è una struttura unica nel suo genere, che intende tradurre il ricordo, ancora vivo nelle superstiti strutture del vicino campo di Fossoli, a costante monito per il futuro. Gli architetti ebrei del Gruppo BBPR, progettisti principali dell’opera storico-artistica assieme a Guttuso), hanno inteso operare una scelta assolutamente antiretorica. Il Museo, che si sviluppa in 13 grandi sale al piano terra del Palazzo dei Pio (centro di Carpi) non si qualifica come al solito per la quantità di reperti, ma per gli elementi grafici che con le luci creano un’atmosfera di grande impatto emotivo. Si tratta, più in particolare, dell’incisione di frasi sulle pareti: brani selezionati tra le “Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea”, tra cui spicca, per prima d’ordine e di importanza, quella di Bertolt Brecht (di cui alla foto in alto a sinistra). Da leggere bene e ben meditare: “E VOI, IMPARATE CHE OCCORRE VEDERE E NON GUARDARE IN ARIA; OCCORRE AGIRE E NON PARLARE. QUESTO MOSTRO STAVA, UNA VOLTA, PER GOVERNARE IL MONDO! I POPOLI LO SPENSERO, MA ORA NON CANTIAMO VITTORIA TROPPO PRESTO: IL GREMBO DA CUI NACQUE E’ ANCORA FECONDO” (La resistibile ascesa di Arturo Ui)

Museo molto originale e suggestivo quindi, che non tanto fa vedere quanto leggere (comodamente) e conseguentemente invita a meditare. Mi ha colpito, soprattutto per la più assoluta originalità, la “Sala dei nomi” (foto a destra), degna conclusione del percorso museale, in cui sono incisi (compresa la volta-soffitto) i nomi di 14.314 (scelti a caso) dei complessivi 40 mila DEPORTATI italiani nei suddetti lager, ottenendo – col gioco di luci – un effetto visivo del tutto particolare. Andarci per credere.

Paolo R. (rampaolo1947@libero.it)

29.1.2009

mercoledì 28 gennaio 2009

ANDARE A FOSSOLI-CARPI




In questi giorni dedicati alla celebrazione della Memoria (soprattutto della Shoah), abbiamo fatto un pellegrinaggio a Fossoli (Carpi) in provincia di Modena con un gruppo di circa 40 persone, organizzato dal Consiglio di Quartiere 3 Est di Padova. Per vedere i campi di concentramento nazisti non occorre proprio andare necessariamente all’estero (Germania, Austria, Polonia), ma ci si può recare a Trieste (San Sabba), a Bolzano-Gries od a Fossoli di Carpi (Modena). Noi abbiamo scelto quest’ultimo sito, anche perché nel comune capoluogo (Carpi), distante solo 6 km. dalll’ex campo di Fossoli, c’è un originalissimo e bellissimo Museo del deportato di cui vi parlerò alla prossima puntata.
Non vi voglio affatto raccontare cosa sia un campo di concentramento in generale, perché non rientra nell’oggetto dei miei interventi. Voglio invece parlare brevemente di quei “Centri di raccolta” (forzati), prendendo lo spunto proprio dalla vicina Fossoli, in quanto nel tempo il campo si è egregiamente prestato a successive varie utilizzazioni. Un esempio piuttosto unico nella storia concentrazionaria europea, come si vedrà tra breve.

Individuata da parte del Genio Militare di Bologna un’area pianeggiante e piuttosto disabitata a Fossoli, vi si dette vita alla costruzione del PG 73 per militari inglesi, americani e neozelandesi catturati dal maggio 1942 nelle campagne dell’Africa settentrionale. Dopo l’8 settembre 1943, il campo venne immediatamente circondato dalle truppe tedesche e tutti i prigionieri trasferiti.
Pochi mesi dopo, fino al 15 marzo 1944, la Rsi, lo trasformò in Campo di raccolta speciale per gli ebrei provenienti dai campi provinciali (Teolo per Padova), in attesa di essere “instradati” per i lager di sterminio. Da Fossoli partirono poi 8 convogli ferroviari (di cui 5 per Auschwitz: Primo Levi) per i campi di sterminio della Germania. Dal gennaio 1944 oltre agli ebrei vi saranno internati anche oppositori politici. In tutto si stima che vi siano transiti 5 mila deportati, di cui metà ebrei. Negli ultimi mesi del ’44 il Campo diviene Centro di raccolta per la manodopera coatta da inviare in Germania: oppositori politici e persone rastrellate.Dalla fine della guerra al maggio 1947 Fossoli si trasforma in Centro di raccolta per prigionieri, profughi, collaboratori del passato regime fascista ed anche ebrei superstiti e reduci dai lager in attesa del rimpatrio.

Lunga e ramificata storia quindi quella del Campo di Fossoli, evidenziante - per quanto ne possa pensare il sottoscritto – che gli Stati si sono sempre venuti a trovare, purtroppo, nella necessità di “provvedere” a concentrare in luoghi ristretti un’enormità di persone.(Lampedusa in questi mesi). Ma qui per ora andremo fuori tema.

Riprendendo l’argomento in oggetto, la storia di Fossoli sarà destinata a continuare con altre due “scelte obbligate”, come si dirà subito. Il 19 maggio 1947 il sito è occupato dalla comunità di don Zeno Saltini (Opera dei Piccoli Apostoli) per bambini abbandonati ed orfani di guerra. L’Opera farà molto, ma anche molto discutere, per i principi cristiano-sociali cui si ispira. Successivamente sarà obbligata a trasferirsi in Maremma, a Grosseto (Nomadelfia: vedi su Internet). Ma il sito di Fossoli può ancora servire a qualcosa. Diventa infatti, dal 1954 al 1970, il Villaggio San Marco che accoglie alcune migliaia di profughi italiani cacciati, dopo la guerra, dal regime jugoslavo.

Ora è stato parzialmente recuperato dal Comune di Carpi che lo gestisce, congiuntamente al vicino Museo del Deportato, attraverso un’apposita benemerita Fondazione locale. Ve ne consiglio un’accurata visita.


Paolo R. (rampaolo1947@libero.it)

28.1.2009

giovedì 22 gennaio 2009

IL RE E' MORTO. VIVA IL RE!




Non conosco affatto la lingua francese, ma questo titolo storico ha ben quelle lontane origini. Avevo già da un pezzo la ferma intenzione di scrivere questo “pezzo”, ma la pigrizia ha finora avuto il sopravvento. Diciamo che dopo l’intervento con foto di Obahma dell’altroieri, mi è rivenuto in memoria quello da calarsi sull’ormai (per fortuna) ex presidente G. W. Bush.

Vi anticipo subito che è stato uno dei peggiori presidenti che gli Usa abbiano mai avuto nella loro ultra bisecolare storia. Persino, sempre a mia detta, molto peggiore di J. Carter e di R. Reagan. La terribile guerra di invasione-aggressione dell’Iraq contro il fantomatico Ali’ il chimico. Che poi si scoprì aver avuto a disposizione solo un laboratorietto su un camion. Questo brutale intervento militare che ha poi scatenato, a sua volta, spietate lotte intestine tra sciti e sunniti che, è proprio il caso di dirlo, Saddam Husseim non avrebbe certamente consentito. Tutti quei morti e quelle immani distruzioni di valori umani e storici. Eppoi, con quella guerra, si è scatenato l’odio oriente-occidente che non giova proprio a nessuno. Ma lui era in sella e doveva starci stabilmente fino alla data prefissata, anche se in disaccordo con il suo Congresso. Ma le regole (costituzionali) sono regole e si impongono all’interno degli Usa come all’interno dell’interno planisfero. E perché non accennare anche all’Afganistan ed ai suoi incompresi problemi? Ed alla sua guerra mai spiegata da alcunché ?

Nessuno ha mai saputo né forse saprà mai se il petrolio in Irak se lo sia andato proprio a prendere! Forse non lo sanno neppure i bravi americani. Che lo hanno eletto e rieletto una seconda volta (Meno male che lì vige la regola delle 2 volte massime). Evviva il Paese più democratico del mondo. Ma c’era da aspettarselo, se le sue 2 campagne elettorali sono state finanziate proprio dai vari J. A. americani.

E le torri gemelle ? Da un bel po’ si sta mormorando di una supposta “messinscena presidenziale”. Si saprà mai la verità ? Mi accontenterei fra 20 anni, prima di morire !

Più in generale, il nostro carissimo “nanetto” ha messo per la prima volta l’America contro il r.o.w. (rest of world), disattendendo del tutto le raccomandazioni del suo Congresso e provocando illustri defezioni (dimissioni) dal suo Gabinetto: gen. Collin Powell, ad esempio.

Per concludere, anche se dovevo dirvelo prima, non sono né un filoarabo, né un antiamericano viscerale, ma con questo ex presidente, secondo me l’America ha proprio toccato il fondo, sia sul piano internazionale, sia sul piano interno. Oggi sono proprio contento, perché Obahma non potrà fare certo di peggio. Speriamo che assomigli il più possibile al mitico J.F.K, per cui ho abbondantemente tifato a suo tempo !

Dulcis in fundo. Non occorreva proprio il caso Lehman che ha sconvolto la geografia politico-economica dell’intero globo. Evidentemente la Fed (di controllo presidenziale) non ha vigilato a sufficienza. Quanti suicidi conseguenti ! Stavolta la nostra cara America si è trasformata da esportatrice di valore (non di valori, secondo me) ad esportatrice di morte. Speriamo davvero il fondo sia stato toccato. Bellissimo viceversa il messaggio del Papa al neo-presidente Obahma: pace e giustizia nel mondo!


Mi auguro che qualcuno non tagli ora le mie "trasmissioni". Me ne dispicerebbe un po', ma capirei molte più cose. Come Mussolini davanti ai giudici di Losanna, accusato di sobillazione, li apostrofò: "Se mi assolvete mi fate un piacere; se mi condannate me ne fate due!"

Paolo R.




22.1.09

martedì 20 gennaio 2009

PERCHE NO !


Enzo Jannacci non ti voleva e basta, solo “spiegando” così: “PERCHE’ NO !” Ne abbiamo già parlato una volta, ma lo voglio ora mettere più in chiaro. Si tratta, sempre ora, di spiegare perché non guardo la televisione o la guardo solo molto poco. Il discorso è molto difficile e mi può un po’ sfuggire di mano.

Soprattutto non la guardo per un certo senso di orgoglio. Non mi sento infatti assai inferiore a quei bellimbusti (raccomandati), per tanti motivi. Primo: non parlano la mia lingua, ma prevalentemente il romanaccio. Sono quasi tutti così. Parlano poi senza quasi mai tirare il fiato, senza quasi mai concedere il dovuto tempo alla... pensata. Ciò significa che prestano la voce a testi già da altri preparati (gli Autori...nascosti dentro agli studi): Non è quindi farina del loro sacco (presentatori). Noi comuni mortali invece siamo costretti ad usare la farina del nostro sacco.

Altro aspetto: quando una trasmissione fa audiance, non la si smette più, propinandocela in mille edizioni e per molti anni. E’ anche questo un segno di poca intelligenza da parte della dirigenza (vedi Dinasty, Il Grande Fratello, etc.).
Chi l’ha detto poi che il sabato sera (prima serata) ci deve sempre (da... secoli) essere una trasmissione di pura evasione. ? Mentre si combatte a Gaza, in Libano, in Afghanistan, ecc ?

Altro aspetto ancora: le trasmissioni televisive ormai sono diventate, da anni, trasmissioni non-stop: dall’alba alla notte. Ai miei tempi, invece, durava 6-7 ore al giorno in tutto, partendo dalle ore 17 (“La TV dei ragazzi”) per arrivare alle ore 24 circa. Era quindi più rispettosa della nostra vita personale. Quasi se oggi, noi, non sapessimo come passare la giornata senza la TV. Forse serve a riempire un po’ di tempo per le persone sole, gli anziani, gli ammalati ! Ma in che misura vi possono veramente fruire ?

Infine: ho seguito i telegiornali per oltre 40 anni e non ho, devo proprio dirlo, quasi mai capito un granché di cosa stia sotto alle varie “notizie”. Questa criticissima ebbi a farla anche ai giornali. Ma non ce se la deve prendere perché il loro scopo non é spiegare, ma informare. Chi dunque dovrebbe “spiegare” ? Non l’ho ancora proprio ben capito ! Concludendo: i presentatori si limitano a prendere a prestito le parole dagli Autori, questi dai Dirigenti, questi ultimi dai politici che ve li hanno collocati. E’ una semplice catena di Sant’Antonio. A noi resta solo ascoltare, “capire” (?) e... pagare l’abbonamento ogni anno un po’ più caro. Pena l’intervento del fisco.

Neppure l’avvento della concorrenza alla Rai ha contribuito ad elevare la qualità di tutte le trasmissioni. Tutte si sono appiattite sugli standard di più basso livello. In economia si direbbe che “la moneta cattiva scaccia quella buona !”. La concorrenza opera davvero... ma verso il basso “!.

Vi consiglio solo di non illudervi più sul grado di comprensione generale (la politica in particolare) possibile. Forse non resta che ritornare al vecchio amore: la radio da tanti purtroppo quasi del tutto abbandonata perché considerata - a torto – di razza inferiore. Ma almeno questa rispetta i nostri poveri occhi e ci permette, talvolta, di continuare a "lavorare" alle nostre cose, se non a leggere!.


Paolo R.

20.1.09

mercoledì 14 gennaio 2009

COMPLETAMENTO SCUOLA


Lo spot di ieri non poteva che affrontare solo inizialmente - sotto il profilo della storia più recente - il tema dell’evoluzione della struttura scolastica italiana. Non poteva affatto essere più dettagliato e circostanziato per non appesantire e conseguentemente rendere meno appetibile l’intervento.
Oggi, per chi vi ha trovato buon interesse, si completerà meglio l’intervento stesso, aggiungendovi alcuni sottoargomenti di dettaglio, uniti a brevi considerazioni.

Cominciamo dai primi, rilevati circa 40 anni fa a livello scuole superiori:
- l’istruzione magistrale, artistica e musicale sono sempre state “trattate” separatamente rispetto al contesto generale;
- gli istituti tecnici (fino alle riforme “allargatrici” di fine anni ’60) consentivano unicamente sbocchi universitari “coerenti” (come Economia e Commercio per i ragionieri, Ingegneria per i geometri, ecc.);
- viceversa, l’accesso a Lettere e Filosofia ed a Giurisprudenza era possibile solo proveniendo dal Liceo Classico.

Dal 1968 tutti questi sbarramenti (a ragione od a torto) sono caduti, cosicché un diplomato professionale può liberamente iscriversi a Filosofia. Lo farà ? Credo comunque non frequentemente! Credo peraltro bene che, se qualcuno ha una buona testa (ma deve essere molto buona), potrà tranquillamente conseguire qualsiasi obiettivo scolastico, del tutto indipendentemente dai precedenti studi superiori. Ma in parallelo - è ugualmente doveroso dirlo - si creeranno molti più abbandoni, insoddisfazioni, cattive preparazioni, con conseguente largo spreco di risorse e naturale abbassamento dei livelli formativi generali.

Secondo punto: la Scuola è sempre stata vista in Italia - errore ? - come UNICO VEICOLO DI PROMOZIONE SOCIALE. Corrisponde ancora al vero ? Perché no anche, in alternativa, il LAVORO PROFESSIONALE direttamente formativo ? Non lo so proprio ? Forse che - per ragioni psicologiche o sociologiche - non si ama sporcarsi le mani (in senso fisico !).

Terzo ed ultimo punto: la recentissima Riforma Gelmini (la Ministra nella foto): i giornali-TV ne hanno dette di cotte e di crude certamente, senza però mai degnarsi di spiegarcela nei dettagli. Di modo che, quando ne saprò abbastanza di più, potrò proseguire il mio breve excursus.

Grazie per la fiduciosa attesa. Speriamo sia breve !


Paolo R.

14.1.2009

martedì 13 gennaio 2009

NUDO E NADO



Stamattina, all’autobus trovo il mio amico Stefano. So che frequenta il Conservatorio (violino) e contemporaneamente il Liceo classico “Tito Livio”. Che bravo! Gli chiedo che classe faccia (al Liceo). Mi risponde subito, invece, che fa la quarta SUPERIORE. “E perché non mi hai detto la II^ Liceo ?”, lo apostrofo immediatamente ! Altrettanto immediatamente mi risponde: “Credevo... non sapessi ...!”

Ma io, faccio adesso, la storia della Scuola italiana la conosco abbastanza bene, dai tempi di Cavour (Legge Casati del 1859) fino ai giorni nostri. Avendoci anche piantato oltre 30 anni fa una bella tesi di laurea. Già, perché - prima della Riforma scolastica del 1962 – che portò alla scuola Media Unificata - le tre Medie con il latino si chiamavano I^, II^ e III^ Ginnasio, che continuavano nella IV^ e V^ PRESSO il Liceo Classico corrispondente. - (Nella foto il “classico“Liceo Classico Giuseppe Parini di Milano, che da oltre 2 secoli continua a sfornare futuri egregi dottori) - Di modo che il Liceo stesso, vero e proprio, durava solo tre anni, mentre il (precedente) Ginnasio, vero e proprio, 5.
A lato della suddetta Media con il latino esistevano le Scuole di Avviamento Professionale, senza latino ed immediatamente finalizzate all’impiego (operaio, impiegato, agricoltore), della durata pure di tre anni, che consentivano peraltro, per chi poteva permetterselo, anche sbocco nei corrispondenti Istituti Tecnici quinquennali o negli Istituti Professionali tri o quinquennali. Per la successiva loro ulteriore apertura all’Università (una conquista per molti; un errore per altri ; io non saprei) bisognerà attendere la fine degli anni ’60.

Perciò, quando si parla con uno studente del Classico, se è molto giovane potrà frequentare la IV^ e V^ Ginnasio; se un po’ più grandicello la I^, II^ o III^ Liceo. Ma anche dire semplicemente “Liceo” potrebbe trarre in errore, perché gli altri Licei non sottostanno alle regola del Ginnasio-Liceo Classico, in quanto partono direttamente dalla I^ ed arrivano alla agognata V^ (es. Liceo Scientifico). Un vero guazzabuglio. Ma solo per chi non conosce la storia scolastica italiana..

Credo che la Media Unificata (1962), dopo gli opportuni aggiustamenti decennali, abbia fornito una accettabile preparazione ai più, anche negli insegnamenti tecnico-pratici, che - ho constatato nei miei figli - sono pure altrettanto formativi. Personalmente farei impartire, naturalmente solo per chi lo desidera (e moltissimi insegnanti sarebbero d’accordo con me) qualcosina in più di latino, tanto per coltivare meglio una lingua trimillenaria, che anche la Chiesa ora va timidamente reintroducendo nei riti. E che anche la società più sensibile, dopo decenni di abbandono, sembra timidamente esservi favorevole.

Avendo nei precedenti spot più volte parlato di etimologia, voglio concludere questo intervento ricordando che gymnasium e ginnastica hanno la stesso etimo, e significano semplicemente “nudo”, perché i ragazzini greci vi venivano condotti per imparare le arti letterarie e per gareggiare NUDI.

Per conclusione a bilanciamento non posso sottacere l’altro termine: LICEO. Dal greco Lykeion. località ateniese, presso il tempio di Apollo Liceo, dove sorgeva la scuola filosofica di Aristotele. Sempre dall’inseparabile Nuovissimo Dardano.

A tutti: buon Vocabolario.


Paolo R

sabato 3 gennaio 2009

PAROLE DIMENTICATE CHE STANNO COMMERCIALMENTE RITORNANDO


Il presente intervento mi pare costituisca un intreccio linguistico/tecnico-commerciale. Un duplice intreccio assai complesso. In tema di linguistica, precedentemente avevo illustrato l’ingrato compito di depennare dai vocabolari le parole del tutto superate (arcaismi). Es.: eziandio ! Problema, dicevo, assai più arduo di quello inverso, cioè di inserire, sempre nei vocabolari, le parole nuove (neologismi).

L’argomento calza perfettamente oggi Qualche tempo fa, infatti, andando a spasso con l’utilissimo n uovo taccuino (notes) regalatomi dall’amico Nino, lo inauguravo una domenica mattina in centro Padova, nel negozio di dischi Ricordi. Dove, diligentemente, annotavo quanto ivi letto in un apposito cartello: “IL VINILE GIRA ANCORA”. Avevo ben subodorato la tresca dei produttori: vedrai che il mercato tra poco ti vorrà far ributtare i bellissimi CD. I più giovani, cui sembra rivolta la nuova iniziativa, non sono quasi mai in grado di rintuzzare le insidie del mercato, sempre, sornione, in agguato. Molto semplice, i produttori, dopo averci inondati per 25 anni di CD (compact disc), decantandoci le loro migliori qualità rispetto al vecchio disco in vinile (di colore classicamente nero e di relativamente più grandi dimensioni) per farcerli comprare in sostituzione dei precedenti vinilici stessi, ora tornano completamente indietro, prinandoci nuovamente il disco in vinile (33 giri ed long playng.). Penso che la maggior parte dei poco attenti consumatori, avrà allora buttato via sia il bambino (dischi) che l’acqua (i vecchi giradischi). Ma io, sempre Bastian contrario, non ho proprio fatto così.

Se il CD occupa certamente un minore spazio in casa e dà minori problemi di ingombro, nessuno mi ha mai convinto che il vecchio disco (in figura) gli fosse del tutto inferiore sotto i vari aspetti (suono meno metallico). Così, mi sono conservato con scrupolosa cura sia il bambino che l’acqua, anche se per sola maggiore comodità ho ascoltato con preferenza i nuovi CD.

Dopo circa 1 mese da quanto sopra, stamattina nello stesso negozio ho trovato “la ben preparata sorpresa” (i figli delle tenebre sono più astuti dei figli della luce) dei dischi (neri) in vinile, timidamente alloggiati su un’apposita piccola (solo per ora) rastrelliera. Vedremo come si evolverà il mercato nel prossimo prosiego di tempo. Dico solo una cosa ora. Non ripetete l’errore precedente, gettando via lettore e CD Torneranno certamente di moda tra altri 25 anni!

Un grossissimo plauso al mio caro amico Sebastiano (80 anni), che stoicamente conserva ancora (il precedentissimo) grammofono ed i relativi grandissimi dischi a 78 giri in gommalacca. Suono molto caldo, ti pare di essere in una sala da ballo.


Paolo R.

3.1.09

giovedì 1 gennaio 2009

BRAVO, ANCHE SE NON TI GUARDO


L’imminente ennesimo intervento televisivo (LA7) di Marco Paolini - tra poco meno di mezz’ora - mi spiazza e mi anticipa, perché da tempo volevo parlavi di televisione. Essendo tuttavia il mio pensiero sull’argomento televisivo assai circostanziato, critico e complesso, mi riservo di tornarvi, più in generale, un’altra volta.
Voglio ora parlare, più direttamente, del sottoargomento Paolini-TV. E’ certamente un personaggio che incassa e che, paradossalmente. ... paga. Non è un assurdo. Vedremo subito. Incassa perché, mi risulta, ha una buonissima audience di pubblico, è impegnato su temi importanti e scottanti (Vajont, ad esempio). Me ne hanno parlato assai bene i miei familiari nel recente passato. Io non l’ho proprio quasi mai visto, anche se so benissimo - me ne sono informato – chi è esattamente. La televisione infatti, dopo tante delusioni, non la seguo quasi mai, perché sono convinto che al 95 % è proprio da buttare. Stavolta ci rimette il bravo Paolini. Me ne dispiace, ma tiro dritto per la mia strada. Vi dirò proprio in altra sede la questione del 95 %.
Marco Paolini ha richiesto di andare in onda SENZA interruzioni pubblicitarie. LA7 ha accettato pur di assicurarsi la trasmissione. La pubblicità la TV la farà ugualmente prima e dopo l’intervento paolino. Si vedrà tra mezz’ora. D’altro canto, il Paolini avrà preteso un cachet minore di quanto gli sarebbe stato possibile altrimenti. E’ per questo che, sempre, chi si ribella ... paga. (Altro che Adriano Celentano con la sua brava acqua minerale. Ve ne ricordate benissimo ?).
(Anche) stavolta, invece il bravo Marco Paolini (dal Centro Culturale S. Gaetano di Padova) darà, ne sono certo, una sonora lezione al sistema. Ma, lui, può permetterserlo benissimo. A me resta solo qualche sporadico spot sul mio blog.


Paolo R.

1.1.2009 – ore 20,50